Doppio CD semplicemente splendido che ci fa ascoltare le ultime sessions di Elvis che tenne a Graceland, nella stanza denominata Jongle Room, nel febbraio ed ottobre 1976.
Il suono è perfetto ed il mixaggio delle outtakes, con aggiunta di dialoghi precedentemente inediti, le rendono letteralmente come nuove.
Emesso in confezione digipack con booklet di 24 pagine e note scritte da John Jackson, è stato emesso (in Europa) anche in un doppio LP con tracklist diversa.
CD 1: The Masters
01 Way Down
02 She Thinks I Still Care
03 Bitter They Are, Harder They Fall
04 Pledging My Love
05 For The Heart
06 Love Coming Down
07 He’ll Have To Go
08 Blue Eyes Crying In The Rain
09 Hurt
10 Never Again
11 Danny Boy
12 Solitaire
13 Moody Blue
14 It’s Easy For You
15 I’ll Never Fall In Love Again
16 The Last Farewell
CD 2: The Outtakes
01 Bitter They Are, Harder They Fall (take 1)
02 She Thinks I Still Care (take 10)
03 The Last Farewell (take 2)
04 Solitaire (take 7)
05 I’ll Never Fall In Love Again (take 5)
06 Moody Blue (take 1)
07 For The Heart (take 1)
08 Hurt (take 3)
09 Danny Boy (take 9)
10 Never Again (take 9)
11 Love Coming Down (take 3)
12 Blue Eyes Crying In The Rain (take 4)
13 She Thinks I Still Care (alternate version, take 2)
14 It’s Easy For You (take 1)
15 Way Down (take 2)
16 Pledging My Love (take 3)
17 For The Heart (take 4)
Di Marco Degli Esposti
L’astutamente intitolato “Way down in the Jungle Room” è un’altra antologia tratta da una seduta di registrazione di Elvis a cura della ‘RCA/Legacy’, che è stata concepita nello stile dell’acclamato “Elvis at Stax” del 2013.
I due CD includono i masters e molte outtakes provenienti dalle sedute di registrazione effettuate da Elvis a Graceland, nella stanza denominata “Jungle Room”, a causa del suo particolare arredamento che, appunto, ricordava la jungla.
Le recording sessions ebbero luogo dal 2 all’8 febbrao e il 29 e 30 ottobre 1976.
A quei tempi, nessuno avrebbe pensato che questa seduta di registrazione sarebbe passata alla storia come l’ultima di Elvis.
Le canzoni registrate finirono sugli album “From Elvis Presley Boulevard, Memphis, Tennessee” (1976) e “Moody blue” (1977), ambedue pubblicati quando il cantante era ancora in vita.
Il primo dischetto include i 16 masters, in una sequenza che non è quella cronologica ed anche questo contribuisce a rendere ‘nuova’ questa emissione anche se, personalmente, ritengo l’ordine cronologico come la cosa migliore. Riflettendo meglio, però, l’ordine sembra essere non casuale: una sorta di orma stilistica pare accomunare la canzone che segue e che precede.
I masters sono stati ‘trattati’ da Vic Anesini e direi che suonano meglio che mai.
Come nella maggior parte dei masters registrati durante gli anni settanta, le canzoni hanno pesantissime sovraincisioni (overdubs) che, invece di abbellire, spesso imprigionano la grandissima voce di Elvis. Nel secondo CD, ove sono presenti solo delle outtakes, tutto ciò (ovviamente) non accade ed anche il loro mixaggio è assolutamente nuovo e, finalmente, sono in ordine cronologico; fanno eccezione la seconda versione di “She thinks I still care” e “For the heart”.
Per completezza d’informazione c’è da dire che tutte le outtakes vennero pubblicate in precedenza; in ogni caso mi sento di affermare che non si sono mai ascoltate con questa qualità. Il ‘vocal’ di Elvis è chiarissimo ed anche tutti gli strumenti risultano molto più dettagliati in questo secondo CD, anche rispetto al compact disc della FTD di ormai parecchi anni fa.
Le outtakes sono state remixate da Matt Ross-Spang (che ha vinto in passato anche un ‘Grammy’), usando una camera ed una piastra di riverberazione negli studi ‘Sam Phillips Recordings Service’ di Memphis. Dal punto di vista ‘sentimentale’, è stata una bella idea quella di mixare gli ultimi lavori di Elvis negli stessi studi che lo hanno scoperto 22 anni prima.
Oserei dire che questi nuovi mixaggi, oltre ad avere un suono più moderno, hanno anche un sapore ‘retro’ che può benissimo anche non piacere a tutti gli appassionati: la voce di Elvis è ‘al primo posto’ e molti ‘dettagli’ riguardanti la strumentazione ora sono evidenti, rispetto alle emissioni precedenti. Molte outtakes, grazie al nuovo mixaggio, suonano davvero come nuove; nella voce di Elvis c’è molta più eco, potrebbe obiettare qualcuno, e questo è vero ma anche in questo caso siamo in un campo prettamente soggettivo; ritengo una ‘bestemmia musicale’, ad esempio, i remixes di Spancox, quello della ‘Nike’ e la recente emissione sinfonica. Ogni dibattito è aperto !
La cosa che ‘salta all’orecchio’ è che non è stato rafforzato nulla artificialmente, come ad esempio era stato fatto nel famoso CD, best seller, “Elv1s 30 #1 hits” del 2002. Ovviamente queste cose si notano ad un attento ascolto con un impianto hi-fi e non certamente con un computer o tramite i maledetti MP3…
In alcune outtakes possiamo ascoltare dialoghi che prima d’ora non avevamo mai sentito (lo so, non è nulla di sconvolgente, ma questo è !). Personalmente la ritengo una cosa simpatica ed il fatto che siano stati lasciati questi dialoghi in una pubblicazione come questa, diretta al ‘grosso pubblico’, la trovo davvero positiva in quanto rivela parte dell’essere umano-Elvis.
Nell’immediato, una delusione mi era sovvenuta: perché, fra le outtakes, non ce n’è una di “He’ll have to go” ? Si tratta di una canzone che a me piace molto anche se non è certamente memorabile ma, la voce piena e calda di Elvis e quel sound da ‘juke box‘, ed il fatto che sia stata l’ultima in assoluto ad essere stata registrata in studio, me l’hanno fatta restare impressa. Riflettendoci e scartabellando fra i miei ‘files‘, ho notato che non esiste nessuna versione alternativa di questo pezzo. Non è dato a sapersi quale sia stata la take usata dai tecnici per il master (forse la prima ed unica ? Nemmeno quelli della ‘Venus’ hanno emesso un’outtake…); Elvis registrò la sua parte vocale su una base pre-registrata e la take 2 della parte ritmica fu usata per il master. Ad oggi, quindi, esiste sono il ‘rough mix master’, disponibile nel CD della FTD del 2000 “The Jungle Room sessions” (e nel suo doppio vinile del 2009), e nel doppio CD, sempre della FTD, “Moody blue” (2013). La stessa label underground “Venus” ha inserito questo mixaggio ‘grezzo’ del master nel suo CD del 2011 “Welcome to the Jungle-Way down”.
Io, al posto di una delle due outtakes di “For the heart”, avrei inserito questo ‘rough mix master’ di “He’ll have to go”.
Tirando le somme: grandissimo doppio CD ad un prezzo economico (il che, non guasta mai !), confezione in digipack con libretto di 24 pagine e suono al super-top.
Chi avesse ancora qualche dubbio, se lo tolga. Lo acquisti ! Lasciate perdere i download gratuiti: se pensiamo alle colossali sciocchezze che magari abbiamo negli scaffali e a quelle che ancora oggi stanno proliferando, vale la pena di investire una ventina di euro (o meno, a seconda del negozio) per sostenere queste pubblicazioni che, una volta tanto, sono fatte davvero come si deve !
E sto aspettando la versione in vinile che è stata posticipata a fine mese, per gustarmelo ancora, con una tracklist diversa. Ma soprattutto: mi sembrerà di ringiovanire di 25 anni, quando inserivo un ‘nuovo’ disco sul piatto… Il fascino che solo il vinile, con le sue splendidie copertine, sa dare…
Di Sebastiano Cecere
Si, a quasi quarant’anni dalla scomparsa, Elvis gode proprio di ottima salute.
Passato il disastro artistico dello scorso anno con il disco/pasticcio con l’orchestra inglese (cosa c’entravano lei e tutti
gli “ospiti” con Elvis rimane un punto di domanda…), WAY DOWN IN THE JUNGLE ROOM rimette a posto un po’ di tasselli
della discografia di Elvis, rimasti per troppo tempo in disordine e colpevolmente ignorati e, peggio, trattati male,
soprattutto da una buona fetta degli ammiratori più incalliti. Fortunatamente chi mi conosce è testimone che io non ho
mai fatto parte di quel gruppo, secondo me un po’ troppo influenzato da alcune gabbie mentali (la serie “A” di Elvis
sono ELVIS IS BACK, MEMPHIS 69 e -forse- la SUN; tutto il resto viene dopo), da quello che si scriveva in quei mesi del
1976/77 e, soprattutto e forse inevitabilmente, da quello che purtroppo è successo ad agosto 1977.
L’aspetto negativo di queste sedute (i due segmenti di febbraio ed ottobre 1976 raggruppati) dalle quali nasce questo
album, risiede essenzialmente nell’incapacità mostrata dal gruppo di Elvis a trovargli canzoni buone ed originali (a parte
NEVER AGAIN tutto il resto è cover) a distanza di ben un anno dalle ultime registrazioni professionali. Ma questo è un
argomento che ho discusso molte volte e del quale attribuisco maggior parte della responsabilità proprio a Elvis. Punto!
Ma per venire alle sedute del 1976, pur non avendo a che fare con materiale nuovo, Elvis lo trattò (come sempre quando
era in forma) proprio come se esso lo fosse e, a dispetto di quanto sostenuto da molti e -affar loro- continueranno a
farlo, esattamente come con le esibizioni live di quei mesi, diede forti segnali di rinnovata vivacità artistica e sempre di
grande versatilità, soprattutto nelle registrazioni di febbraio.
Queste sedute hanno prodotto alcune delle cose più interessanti della produzione Elvis degli anni settanta (WAY DOWN
per prima, e subito dietro MOODY BLUE, FOR THE HEART e HURT) spesso celebrate con entusiasmo senza sapere che
arrivano proprio dal periodo cosiddetto più nero di Elvis (probabilmente, molti tra coloro che le ascoltano e trasmettono
per radio cambierebbero immediatamente e beceramente il loro giudizio se lo sapessero), ed alcune interpretazioni che
rimangono tra le sue cose migliori (DANNY BOY, NEVER AGAIN, SHE THINKS I STILL CARE, PLEDGING MY LOVE, IT’S EASY FOR YOU) dove continuava ad avere completo controllo del melisma e soprattutto che ce lo mostrano rilassato e
divertito a fare musica, cioè registrare dischi professionali nel salotto di casa sua: solo lui poteva fare una cosa del
genere (non per nulla era il RE!) e in tal senso è assolutamente imperdibile e, giustamente consegnato ai posteri con
questo disco, il momento in cui una registrazione viene interrotta per ben due volte, perché prima suona un telefono e
poi perché abbaia un cane (cose impensabili in ciò che rimane della discografia moderna), sottolineata da fragorose
risate che dimostrano come in quei giorni non si stesse assolutamente celebrando il funerale artistico di Elvis!
Oltre ad Elvis e ai musicisti, c’è da dare grande merito ai suoi formidabili fonici: un ascolto attento delle outtake (e subito
dopo dei master) evidenzia come fu difficile realizzare un’ottimale ripresa degli strumenti e soprattutto delle voci,
specialmente proprio quella di Elvis, in condizioni professionali quasi impossibili (il salotto di un’abitazione privata!).
Inquadrando le due sedute del 1976 come un unico lavoro e considerato che furono le ultime di Elvis, rimane quanto
mai premonitrice (considerato il titolo in termine assoluto) l’interpretazione di THE LAST FAREWELL.
Infine, ancora una volta bisogna rendere merito a Roger Seamon ed Ernst Jorgensen (le menti dietro la produzione
artistica di Elvis negli ultimi venti anni) per l’ottimo lavoro che stanno facendo nei confronti del così chiamato “grande
pubblico”: oltre ad aver fatto una grandiosa opera con le incisioni degli anni Cinquanta, passo dopo passo hanno fatto
ben intendere al mondo intero che la carriera di Elvis è andata ben oltre il 31 dicembre 1969, con gli strepitosi ELVIS AT
STAX, MADISON SQUARE GARDEN, ALOHA FROM HAWAII e adesso WAY DOWN IN THE JUNGLE.
Proprio per questo acquisterò questo disco e vi invito a fare altrettanto: se avete accolto con entusiasmo quello modesto
dello scorso anno con l’orchestra, bisogna assolutamente appoggiare questo!
Caro Elvis… complimenti e 100 di questi ̶a̶n̶n̶i̶ dischi!
Sebastiano Cecere – 16 Agosto 2016